Non fatelo, non fatelo mai, nemmeno e soprattutto in mezzo a una crisi. Se verrete scoperti sarà uno scoop contro di voi. Questa non è l’unica ragione! Il danno sarà a lungo termine. Non sarete più fonti attendibili per nessuno. Ogni vostra dichiarazione verrà vagliata, nella migliore delle ipotesi non pubblicata e cestinata, nella peggiore attaccata. I giornalisti, una volta che sono stati ingannati, cercano, giustamente, fonti alternative su di voi. Può uscire di tutto. Non è mai conveniente non essere la fonte delle notizie che vi riguardano.
Sebbene ci siano studi che dimostrino che ripetere all’infinito le bugie aiuti a rinforzarle, la cosa non ne cambia l’essenza: sono e restano bugie, fake, falsità, chiamatele come volete. Chi ricorre alle bugie quasi sempre si rifiuta di chiamarle per quello che sono, ricorrendo invece a parole sdolcinate come “falsità” per sembrare più “oggettivi”, anche quando è apertamente chiaro che l’affermazione era una bugia consapevole.
Ci sono persone che stanno usando disinformazione come strategia. Vogliono che il pubblico diventi così confuso da ciò che è vero e ciò che è falso che la gente rinuncerà anche all’idea che il giornalismo onesto possa aiutare a sistemare le cose.
Siamo nell’era delle fake news, voi, però, non dovete essere una fake, la vostra azienda e il vostro business è autentico, fate in modo che lo resti, anche nella comunicazione. Fate attenzione a chi affidate la vostra immagine aziendale. Cercate persone oneste, cercate giornalisti. Stabilisci tra le buone pratiche della tua azienda una politica di tolleranza zero per le bugie. Meglio raccontare in prima persona una crisi anche spiacevole, e mostrare, contemporaneamente cosa state facendo per uscirne, che lasciare che il dramma parli da solo. Uscirà e non ci sarà la vostra voce a mitigare la botta.
Chiara Porta
Direttore responsabile dell’agenzia di comunicazione Eo Ipso (www.eoipso.it)